Esercitare la libertà in tempi di pandemia

La grande sfida per gli operatori del benessere mentale

La pandemia in atto presenta colossali sfide sul piano psicologico individuale e collettivo, incrementando, o forse soltanto portando allo scoperto il senso di fragilità psicologica conseguente alla perdita di punti di riferimento e presunte certezze.

La sfida più grande coinvolge proprio la categoria degli psicologi e di tutte quelle figure professionali che operano nel campo del benessere mentale, chiamate con richieste sempre più pressanti a dare supporto in una situazione estremamente complessa, in continuo divenire e dentro la quale sono essi stessi coinvolti.

Il dilemma potrebbe tradursi così:

In che modo un professionista che pone il principio della libertà di autodeterminazione alla base del proprio operato, con la prospettiva di aiutare gli altri a riconoscere dentro di sé le risposte, le inclinazioni, le scelte da operare, può promuovere il proprio intervento all’interno di un contesto che mina il riconoscimento del diritto stesso alla libertà individuale?
In che modo l’invito a farsi artefici del proprio benessere, costruttori attivi della propria realtà anche al di là delle convenzioni sociali, può conciliarsi con una condizione di così forte limitazione della libertà di scelta?
Come inserirsi in un contesto caratterizzato dalla contrapposizione tra due stili di pensiero antitetici e incitanti la lotta al nemico, come approccio privilegiato ad un tema di salute collettiva?

Una possibilità, anche per i professionisti è quella di schierarsi, identificarsi nelle credenze dell’una o dell’altra fazione in cui si è cristallizzato il pensiero prevalente, utilizzando le proprie competenze professionali a sostegno della posizione che maggiormente risuona con la propria sensibilità: si tratta di posizioni che tradiscono l’essere coinvolti, identificati, condizionati e quindi spinti a muoversi in un’ottica di re-azione.

Più difficile è elaborare una forma di distacco dagli eventi in corso e assumere una posizione che trascenda il pensiero dicotomico imperante del vero/falso, giusto/sbagliato.

Solo nella ricerca personale di una formula per affrontare la paura evocata dall’idea del contagio, di subire un atto medico non voluto, danni economici o di altro tipo, e nell’elaborare la rabbia proiettata verso il presunto nemico esterno (virus, governo, forze oscure e di altro genere), è possibile sviluppare una visione meno coinvolta e realizzare una condizione psicologica in cui sentirsi liberi nonostante limitazioni imposte e discutibili.

La libertà diventa in questa prospettiva un atto interiore, la possibilità di convivere con una situazione complessa sapendone prendere “le giuste distanze”, impedendo a tale circostanza di condizionare il proprio umore, lo stato mentale, le giornate e quindi la stessa salute.

Libertà significa saper scegliere quale peso dare a ciò che viene raccontato; quali pensieri e quali emozioni coltivare nella propria “bolla personale”; significa portare l’attenzione verso ciò che è percepito meritevole di catalizzare le proprie energie; scegliere a chi o cosa debba “attingere” il proprio umore; lo stato interiore, la parte migliore di sé.

Solo in quest’ottica si realizza la libertà intesa come capacità di vivere in funzione di ciò che si sceglie interiormente e non di ciò che viene alimentato da scelte altrui!

La libertà è uno stato dell’essere prima ancora che una concessione esterna, solo nell’esercizio di tale forma di libertà è possibile trascendere gli effetti avversi delle tante pandemie in corso e poter svolgere il delicato compito di guidare gli altri nella scoperta della propria autentica libertà.

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