L’uso di sostanze psicoattive nei giovani per il controllo degli stati emotivi

La dipendenza che compromette lo sviluppo psicologico

Nella mia esperienza clinica ho osservato che l’uso delle cosiddette “droghe leggere” da parte dei giovani o giovanissimi è frequentemente finalizzato ad attenuare stati interni percepiti come spiacevoli.

Dopo aver sperimentato gli effetti della sostanza per uso ricreativo, perché “così fan tutti” (complice la facilità di approvvigionamento), in un’alta percentuale di casi si innesca un uso sempre più frequente che in molti casi diventa quotidiano.

Il ragazzo che inizialmente fa un uso saltuario constata che la sostanza è in grado di regolare i propri stati emotivi, inizia quindi ad utilizzarla con questa funzione ogni volta che si trova a sperimentare qualche forma di malessere, ma proprio il delegare la gestione dello stato emotivo ad una sostanza esterna rappresenta il meccanismo che intrappola il giovane in una dipendenza.

Strutturare l’abitudine a non confrontarsi con le proprie esperienze emotive interne, in particolare quelle spiacevoli, significa perdere l’occasione per imparare a tollerare le inevitabili frustrazioni che fanno parte della vita, che spingono alla maturazione e ad incrementare le proprie capacità di adattamento alla realtà.

L’effetto, paradossalmente, si traduce nell’amplificazione del vissuto spiacevole che si intendeva eliminare con l’uso della sostanza: le situazioni frustranti risulteranno sempre meno tollerabili, l’incapacità di utilizzare le informazioni del vissuto emotivo per migliorare il proprio adattamento, manterrà la persona in una condizione di fragilità psicologica che tenderà ad alimentare il meccanismo della dipendenza.

Oltre agli effetti diretti dell’alterazione sul sistema nervoso dovuti all’uso precoce e prolungato di sostanze psicoattive nei giovani (di cui si trova un’ampia trattazione scientifica), si aggiunge la conseguenza, decisamente sottostimata ma non meno grave, del danno sullo sviluppo psicologico del ragazzo.

Chi ha il compito di dare risposte a questo fenomeno dilagante tra i giovani è il mondo degli adulti.

Insegnare ai bambini prima e ai giovani poi che le nostre emozioni sono preziose alleate da conoscere e non nemici da cui sfuggire è la migliore forma di prevenzione, come lo è promuovere il dialogo, l’ascolto e l’attenzione sincera ed empatica verso i vissuti emotivi dei ragazzi, anche al fine di riconoscere quei segnali di disagio che possono rendere opportuno il confronto con un professionista del benessere psicologico. 

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